Il Museo del Bottone è una eccellenza italiana nel mondo e Giorgio Gallavotti ad 86 anni ne è il fondatore e custode, dal 2008 a Santarcangelo di Romagna.
Gallavotti ospite di VintageDrop ricorda i suoi primi passi e ci accompagna all’interno del suo archivio visitato ogni anno da migliaia di persone da tutto il mondo.
“Un bottone è la memoria della nostra storia e della comunicazione”
Giorgio Gallavotti
Il Museo del Bottone custodisce bottoni da ostentazione, seduzione, provocazione, da lutto e a luci rosse, da superstizione, politici e commemorativi…
Come nasce il Museo del Bottone?
“Il Museo nasce da un negozio che mio padre ha rilevato nel 1920. Nel 1935 era il mio luogo preferito, i bottoni erano un gioco. Dentro c’era una parete di bottoni in stile liberty e art decò e vendevamo migliaia di bottoni al mese. La nostra merceria era conosciuta in tutti i paesi vicini e non solo. Avevamo di tutto e di più. Io e mia moglie lo abbiamo chiuso nel 2002. Ora il Museo del Bottone ha 16.000 bottoni dal 1600 ai tempi nostri, da 66 nazioni di ogni continente. Sono presenti al Museo, solo del 1900, circa 8.500 bottoni, divisi in quadri e per tipologia. Avevamo una media di 40.000 visitatori all’anno, prima del Covid-19. Proponiamo una visita guidata ad offerta libera durante la quale raccontiamo la storia dell’umanità, dal 1600 A.C. al 2021 non attraverso il lusso del bottone, ma attraverso la simbologia del bottone”.
Ci sono rarità storiche ma anche pezzi unici eccezionali
“Abbiamo due bottoni degli astronauti Cristoforetti e Parmitano con documenti ufficiali di Nasa ed Esa ed hanno la stessa valenza storica di un bottone disegnato da Pablo Picasso per Coco Chanel, una maiolica con un tocco d’oro. Valenza storica identica anche se il valore economico è agli estremi. I bottoni degli astronauti valgono 5 centesimi. Abbiamo bottoni di Maria Antonietta, Maria Luisa d’Austria, Lorenzo il Magnifico, Mozart, D’Artagnan, Papa Francesco… ma non faccio l’elenco perché 15.000 sono troppi però tra gli ultimi arrivati abbiamo le Olimpiadi e Paraolimpiadi di Tokyo e gli Europei, poi Fellini e Tonino Guerra, e per le celebrazioni di Dante Alighieri”.
Qual è stato e qual è oggi il ruolo dei bottoni nel mondo della moda?
“Oggi è poco influente ma un tempo era il protagonista degli abiti. Dagli anni ’90 i bottoni sono passati in secondo piano, le protagoniste degli abiti sono diventate le modelle. Gli stilisti hanno creato abiti leggeri e trasparenti con ampi spacchi, il nudo imperava ed il bottone non ci stava più. Nell’inverno, col freddo, per chiudere i vestiti si adoperano le cerniere, le chiusure a pressione e il velcro. Si pensa che siano stati la causa della sparizione dei bottoni ma forse prima sono spariti i bottoni dagli abiti e poi sono nate le alternative”.
Tanti giovani hanno ripreso in mano i ferri del mestiere dedicandosi al cucito a livello amatoriale ma esiste una scuola che possa insegnare a riconoscere i bottoni, a sceglierli e ad applicarli?
“Esistono luoghi come il Museo del Bottone che sono una bellissima scuola. Ne approfitto per invitare i curiosi a venirci a visitare perché da noi è possibile informarsi e formarsi. Tanti giovani ci contattano per le loro ricerche ed abbiamo citazioni su numerose riviste di moda, in tutto il mondo”.
Consiglierebbe agli amanti del vintage di crearsi un piccolo archivio personale di bottoni d’epoca? Da dove potrebbe cominciare la raccolta?
“Assolutamente sì. Anzi, sono tantissime le persone che hanno una raccolta di bottoni personale. Noi ne vendiamo tantissimi proprio per questo motivo ed offriamo una consulenza preziosissima. Non conosco enti che offrano un servizio di classificazione tale da fornire dei manuali perché occorre di ciascun bottone conoscere l’epoca studiandone il rovescio ed il sistema di cucitura alla veste oltre al materiale ed al disegno”.
Il Museo del Bottone è in via della Costa, a Santarcangelo di Romagna. Visita e guida sono ad offerta libera.
Giorgio Gallavotti è tra i fondatori della Associazione nazionale dei piccoli musei